I fuffologi del marketing, amanti dei termini inglesi, li chiamano “private label“, i consumatori, incarnati dalla celebre “casalinga di Voghera”, li definiscono “i prodotti con il marchio del supermercato“, o più semplicemente “a marchio proprio“. Si tratta di generi alimentari e non, di una o dell’altra catena della Grande Distribuzione, spesso prodotti dalle stesse aziende che confezionano i prodotti di marca.
Nei prodotti “private label” sono eliminati i costi legati alle campagne pubblicitarie (spot tv, radio, affissioni, stampa…) e ridotti quelli relativi al packaging, meno curato rispetto ai prodotti di marca, solitamente con una linea grafica codificata e uguale per tutti i prodotti, anche per una questione di individuazione sul punto vendita. Questo consente alle catene di proporre ai propri clienti prodotti di qualità a prezzi ridotti. Ora, d’accordo che i costi debbano essere contenuti per favorire il risparmio su prezzo di vendita, ma ciò non toglie che un packaging possa essere graficamente curato. Facendo la spesa mi è cascato l’occhio sulla confezione del latte a marchio Coop, in particolare sul visual, una bimba che beve un bicchiere di latte. Dallo sguardo della bimba sembra che stia bevendo una medicina sotto costrizione piuttosto che un bicchiere di latte. Non era possibile fare una foto con una bimba più sorridente?
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