Da adepto del Toro confesso di provare un po’ di disagio nello scrivere questo post, un po’ come quando Fonzie non riusciva a dire “Ho sbagliato”. Cerco di mettere da parte il campanilismo e provo a esprimere un’opinione imparziale e professionale su questa eccellente operazione di (re)branding. Lo faccio solo per il mio amico e collega Matteo che mi ha esortato a scrivere un post sull’evento. E poi se è vero che per l’occasione oggi “siamo tutti designer” allora mi sento meno solo.
Anyway, svolta epocale in casa J… Ju… Juv… scusate, non riesco proprio a scriverlo.
E ora che faccio? Va beh, vorrà dire che farò come Veltroni, che in campagna elettorale per non nominare Berlusconi lo definiva “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”.
Dunque dicevamo… ah, sì, svolta epocale nell’altra squadra della città di Torino. Un’operazione profonda di ridefinizione dell’identità che rompe con la tradizione, che non ha precedenti in Italia e che proietta la società bianconera verso una dimensione globale, a dimostrazione che ormai la partita di calcio è solo un evento che gravita intorno a qualcosa di molto più ampio. La nuova identity è uno di tasselli di un’ampia fase di rinnovamento iniziata già anni fa con la costruzione del nuovo stadio di proprietà (sulle ceneri del Delle Alpi), primo in Italia, sul modello delle società inglesi.
Interbrand (agenzia di brand comunication e identity di livello mondiale) ci ha messo quasi due anni per arrivare al risultato definitivo presentato a Milano in un evento in pompa magna. Bello? Brutto? Non è questo il tema. È inutile discutere di bello o brutto, simpatico o antipatico, parlare delle venti chiavi di lettura che, a posteriori, si possono dare alla lettera “J” che è bandiera ma anche scudetto, o che richiama un ideogramma cinese. E non sto nemmeno menarla con la fuffa del comunicato stampa dove si parla di “DNA dell’estetica Juventus scolpito nelle linee taglienti di un segno forte, iconico ed essenziale”.
La nuova identità ha tutte le caratteristiche per dare all’altra squadra della città di Torino la nuova dimensione che merita, sganciandosi in qualche modo dalla stessa città e dalle logiche di immagine e valori dei classici emblemi di società ormai “vecchio stampo”, legate a una visione dello sport sicuramente più romantica e sognatrice ma meno inclini alla dimensione di business che hanno assunto oggi le società sportive di respiro internazionale. Insomma, un cambio di rotta necessario: non più squadra di calcio ma global brand destinato ad abbracciare un pubblico molto più ampio e differenziato di quello attuale.
Qui troverete il progetto curato da Interbrand.
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