abbonamenti_toro_2018-19

Era ormai molto tempo che non scrivevo sul blog, per svariati motivi. Quando avevo tempo non c’erano argomenti che mi stimolavano, quando c’erano gli argomenti non avevo voglia e quando avevo voglia non avevo tempo. Un circolo vizioso che mi ha portato un a lungo periodo di inattività. Ci ho pensato molto prima di scrivere questo post, infatti arriva quando l’onda della protesta si è ormai affievolita.
Mai avrei pensato che, riuscendo a far combaciare tempo, voglia e argomenti avrei dovuto scrivere un post contro la mia squadra del cuore. Certo alla luce dei campionati anonimi disputati negli ultimi anni non c’è di che gioire e oggi scrivere contro il Torino è un po’ come sparare sulla croce rossa. Noi tifosi del Toro fortunatamente siamo dotati di grande autoironia e un invidiabile (non tutti) self control. Oltretutto nel recente passato mi ero anche speso per elogiare l’operazione di rebranding dell’altra squadra della città. Altra cosa che mai avrei pensato di scrivere. Ma oggi tutto è possibile e l’arrivo di Cristiano Ronaldo all’altra squadra della città ne è la dimostrazione.

L’argomento mi tocca da vicino, come tifoso, come professionista della comunicazione e come tifoso professionista della comunicazione che ha avuto l’onore e l’onere di lavorare per il Torino Calcio 1906 nei tre anni che precedettero il fallimento. Sono riconoscente a Cairo per ciò che ha fatto per il Toro e nonostante cerchi sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno (dove si fa fatica a vedere anche solo il bicchiere) non posso esimermi dal sollevare tutte le mie perplessità sull’ultima campagna abbonamenti della società. Certo, non che le precedenti fossero state brillanti, ma questa multisoggetto che ha come protagonista dei simpatici neonati devo dire che le batte tutte.

Mi rendo conto che oggi una buona parte della tifoseria del Torino, per usare un eufemismo, non vede Cairo di buon occhio, accusandolo di tirchieria e di mancanza di coraggio nel far fare un salto di qualità alla squadra con investimenti importanti. La mancanza di obiettivi prestigiosi per cui lottare e di una visione e programmazione del futuro a lungo andare ha depresso i tifosi, che danno giornalmente libero sfogo a tutta la delusione prendendo a pretesto qualsiasi cosa, anche positiva, per insultare Cairo e i suoi collaboratori. Un odio anche alimentato da pagine e gruppi che, diciamocelo, non hanno proprio a cuore il bene del Toro o comunque godono (più o meno consapevolmente) nel vederlo in questo limbo calcistico e fanno di tutto per alimentare il fuoco della protesta e provocare reazioni. In queste condizioni, nell’era dei social, non è semplice trovare un’idea vincente che non venga esposta alla gogna pubblica in un nano secondo. Credo sia praticamente impossibile.

Di sicuro era meno impossibile creare una campagna pubblicitaria migliore di questa, che definire campagna è ardimentoso almeno quanto definire il cantante dei Maneskin il nuovo David Bowie.
Non è ironica ma ha la presunzione di esserlo. Si fa fatica a capire il concetto attorno a cui ruota. Non parla alla gente del Toro perché non parla la lingua del Toro, che ha un codice di comunicazione verbale e figurativo molto preciso.
Non scalda il cuore, ma soprattutto non parla al target principale, ovvero il tifoso, quello credente, praticante e devoto, che si abbona nella buona e nella cattiva sorte. Anzi, sarebbe più giusto dire nella cattiva e nella pessima sorte. È una campagna fredda, come freddo e distaccato è il rapporto della dirigenza con la gente del Toro. E a pensarci ancora un po’ è quasi offensiva, perché calpesta l’orgoglio e il senso di appartenenza che da sempre contraddistingue i tifosi del Toro. Ora, non si è obbligati a fare una campagna per annunciare i nuovi abbonamenti. Se poi hai anche aumentato le tariffe (ci può stare) devi essere convincente e coinvolgente se vuoi farmi abbonare, non appiccicare l’emblema del Toro su una foto da image bank.


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