Da creativo mai avrei pensato di ritrovarmi a dover difendere il marketing, men che meno mi sarei aspettato di doverlo difendere da se stesso. Mi ero appena ripreso dalla shitstorm su Buondì Motta che già era scoppiata la bomba Carpisa. L’operazione scellerata del suo reparto marketing/comunicazione è quasi riuscita a distruggere l’autorevolezza di tutti i reparti marketing/comunicazione.
Accade spesso che le peggiori cose vengano fatte con le migliori intenzioni e per sua stessa ammissione Carpisa ha peccato di ingenuità, superficialità e, ci aggiungo, autolesionismo nell’istituire questo concorso che ha scatenato le ire di diversi utenti, persino ex dipendenti dell’azienda. Molti attacchi si sono concentrati sull’aspetto dello sfruttamento e svilimento delle persone che studiano e si impegnano per raggiungere quella posizione lavorativa che l’azienda rende di fatto accessibile anche a chi di marketing non sa nulla. Un’utente ha commentato amaramente “Chissà chi me l’ha fatto fare di iscrivermi all’università, quando potevo comprare una borsa”. Non le si può dare tutti i torti.
Non so quali aspettative avesse Carpisa da questo concorso.
Se l’intento era effettivamente dare la possibilità a un candidato di fare uno stage formativo (un mese?) non era necessario mettere in piedi questa farsa, poteva rivolgersi direttamente alle scuole reclutando un profilo con un minimo di competenza. Mettere addirittura lo stage come premio (subordinato comunque all’acquisto di un prodotto) ha svilito ancora di più l’importanza del ruolo del piano marketing e dello stage.
Se l’intento era vendere (più) borse temo sia miseramente fallito.
E se l’intento era raccattare qualche idea “aggratis” con una sorta di brainstorming “allargato” alle clienti (tradotto farsi fare il lavoro da qualcun altro) beh avete fatto la furbata di ottenere spunti creativi da giocarvi in futuro ma avete un grosso problema.
Ma l’aspetto più grave, visibile più che altro a chi è dentro alle dinamiche della comunicazione e del marketing, è che Carpisa ha messo sullo stesso piano il pensiero e lo sforzo per la realizzazione di un piano strategico di lancio di un prodotto con “Compila la cartolina con i tuoi dati e partecipa all’estrazione di un fantastico viaggio a Cuba”.
Perché quello è. In qualche modo è passato (quasi) il concetto che un piano di marketing sia un qualcosa che chiunque è in grado di fare. Non importa se poi le idee che arrivano (ad oggi ne risulta una sola a testimonianza del successo dell’iniziativa) non sono praticabili, ormai il danno è fatto. Tu, reparto marketing, stai dicendo che il tuo lavoro lo può fare anche la studentessa al quarto anno di medicina che si compra la tua borsa. Ti stai suicidando e stai contribuendo alla delegittimazione di tutte le figure professionali che lavorano alla realizzazione di un piano di lancio.
Nel bando scaricabile sul sito dell’azienda, diviso in punti, si legge:
Tutti i consumatori di età compresa tra i 20 e 30 anni, acquistando una Borsa Carpisa Donna Collezione 2017/2018 (quindi stai in qualche modo escludendo il contest agli uomini) in un punto vendita aderente all’iniziativa, avranno la possibilità di partecipare al presente concorso conservando lo scontrino di acquisto del capo, su cui sarà stampato un codice univoco di partecipazione. I partecipanti al concorso dovranno elaborare un piano di comunicazione che includa: definizione dei punti di forza e il messaggio del prodotto; analisi del posizionamento del brand; evidenza degli obiettivi del lancio; definizione del target di riferimento; definizione del budget; dettaglio delle tattiche ed elenco delle azioni di comunicazione.
Siete coscienti di ciò che avete chiesto e a chi lo avete chiesto?
Come potete pensare che una sola persona in 15/20 giorni possa fare, praticamente gratis, il lavoro che fanno almeno 5 persone per 6 mesi? Mi vengono i brividi al pensiero che un reparto marketing possa aver partorito una cosa che mina la propria credibilità. Se passa questo concetto si crea un precedente pericoloso, perché banalizzando e rendendo accessibile a chiunque un lavoro che richiede competenza, esperienza, sforzi e sacrifici, con quale coraggio un’altra agenzia di comunicazione si presenterà da un cliente a dirgli che il suo piano strategico gli costa svariate migliaia di euro?
1 commento
Angela Squarcia · 11 Settembre 2017 alle 11:25
Ciao Antonio, condivido le tue opinioni e sai bene quanto sia indignata nei confronti di chi svilisce il nostro settore. Questo di Carpisa mi sembra l’ennesimo esempio (neanche tanto ricco di fantasia) di leggerezza nei confronti di una disciplina che ha fondamenta solide, di cui tutti si riempiono la bocca e che (evidentemente) pochi sanno usare.
Non mi stupisce il fatto che la maggioranza creda di sapere cosa siano il marketing e la comunicazione visti i risvolti della società. Ho studiato marketing una manciata di anni fa e mai avrei immaginato il potenziale di un elemento semplice come l’ashtag. Oggi strumenti che prima erano appannaggio di professionisti esperti, sono nelle mani “della studentessa” che compra scarpe on line e da grande vuole fare la “fashion blogger”. Possiamo fare il lavoro di un reparto creativo degli anni Ottanta con uno smartphone e qualche applicazione in versione free mentre diamo colpa alla crisi se non possiamo acquistare l’upgrade.
Sono questi i sintomi della società che sta cambiando? Forse tra dieci anni ci saranno più esperti di marketing che prodotti da commercializzare, ci dimenticheremo come si producono le cose che sponsorizziamo e venderemo aria scintillante mentre ci mancherà sempre di più il tempo per respirare.