Avevo appena iniziato a metabolizzare la nuova veste grafica del marchio Telecom quando, come un fulmine a ciel sereno, una mattina mi è apparso sulla bacheca di Facebook il restyling di un altro top brand italiano: Enel. Devo essere sincero, al primo sguardo ho pensato a un fake o a una proposta creativa fatta per un contest di Zooppiana memoria, di quelle che non vedrebbero mai “la luce”, tanto per restare in tema. Invece, dopo aver verificato la notizia ho appurato che era tutto vero. “Cazzarola!”, mi sono detto. Un cambio radicale che non conserva alcun legame col precedente marchio. D’accordo, l’azienda ha in atto un processo di rinnovamento importante ma questa deriva decisamente “modaiola” da un’istituzione come Enel non me la sarei mai aspettata.
Contrariamente a quanto fatto da Telecom, che ha anch’esso recentemente rinnovato la corporate image, Enel ha completamente stravolto lo stile e i codici di comunicazione che l’hanno sempre contraddistinta. Non mi soffermo sul giudizio puramente estetico. In primo luogo perché rientra in un ambito di gusto personale. Poi, perché la prima domanda da porsi è “Funziona?”, non “È bello?”. Dico però una cosa un po’ da grafico “vecchio stampo”: per me il marchio disegnato da Bob Noorda poteva andare avanti tranquillamente altri vent’anni, magari con un piccolo restyling. Ma piccolo piccolo.
Tornando alle “Cinquanta sfumature di Enel”, la scelta è stata molto coraggiosa e come tutte le cose che rompono le consuetudini ha bisogno di tempo per essere metabolizzata. Intanto non sono mancate le critiche da parte delle community di designer e creativi, diventate ormai una piacevole (o spiacevole) consuetudine quando viene esposto al pubblico ludibrio un marchio di nuova fattura o il restyling di uno esistente. Critiche variegate, che spaziano dal semplice ed ermetico “È una merda”, alla citazione del film di Aldo, Giovanni e Giacomo “Con 30 euro mio nipote lo faceva meglio”, passando per la critica demagogica, che ci sta sempre, “Chissà quanto l’avranno pagato!?”, e quella dei designer fisionomisti che passano il tempo a cercare somiglianze con altri marchi: “È uguale a Google!”. Insomma, a parte pochi impavidi che si sono spinti in un giudizio più articolato, nessun parere andava molto al di là della semplice bocciatura.
E io? Che posso dire? Se devo dare un giudizio generale dico che graficamente non mi dispiace, anche se lo trovo un po’ sfuggente e con un leggero senso di incompiuto. Ho apprezzato la volontà di trasmettere innovazione, sostenibilità e un certo dinamismo, segno di un’azienda orientata al cambiamento e alla cosiddetta “Open Power”.
I designer “talebani” hanno gridato allo scandalo per l’utilizzo delle sfumature. Io non sono contrario a priori purché la versione monocromatica funzioni bene. Infatti, il logo bianco chiuso in un cartiglio monocromatico è più gradevole e funzionale della versione positiva multicolore. Soprattutto, l’utilizzo di tanti colori un po’ “cangianti” se da un lato rende il marchio “web friendly” e in linea con i trend grafici in auge, dall’altro gli fa perdere un po’ di autorevolezza. Qualcuno in rete ha condiviso questa scelta cromatica, in realtà credo che rappresenti più un limite perché potrebbe decretarne un invecchiamento precoce.
Diverso è il discorso per Telecom, che non ha rotto completamente col passato. Il nuovo marchio non è troppo lontano da quello a cui ci eravamo abituati, a partire dai colori rosso e blu che sino ad oggi hanno caratterizzato e continueranno a caratterizzare il brand in comunicazione. L’elemento iconico è semplice e moderno e le “onde” che accompagnavano il vecchio logo Telecom Italia, che troppo richiamavano la trasmissione analogica, hanno fatto spazio a un simbolo più compatto che, a detta di Telecom, rappresenta una “T” ma può essere interpretato anche come una micro sim, in segno di convergenza di tutte le offerte commerciali fisse e mobili in un unico soggetto. Il carattere tipografico oblique ha lasciato spazio a uno tondo, sempre bastone ma meno spigoloso. Forse ha perso un po’ di dinamismo ma non l’autorevolezza di un’azienda leader come Telecom.
Anche in questo caso non sono mancati i commenti dei nazi-designer che hanno notato subito la somiglianza dell’elemento grafico con quello dell’app iCal widget di Apple. Effettivamente sono pressoché identici. Plagio? Senza discutere su chi abbia copiato chi, Tim si è affrettata a registrare il simbolo, che per completezza di informazioni ricorda un trigramma cinese, antecedente addirittura la nascita dell’impero, che rappresenta la montagna. Quindi un precedente esisteva da tempo.
Questa precisazione postuma era doverosa.
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