[vc_row][vc_column][vc_single_image image=”8457″ alignment=”center” border_color=”grey” img_link_large=”” img_link_target=”_self” img_size=”full”][vc_column_text disable_pattern=”true” align=”left” margin_bottom=”0″]
Leo Burnett (1891-1971) è stato uno dei più grandi pubblicitari a livello mondiale. Considerato dalla rivista Time uno dei cento uomini più influenti del ventesimo secolo, e ancora oggi venerato come un guru, fondò nel 1935 (il 5 agosto) l’omonima agenzia di pubblicità con 8 dipendenti e un account. Oggi Leo Burnett Company è una delle più importanti agenzie al mondo, presente in molti paesi con migliaia di dipendenti.
Leo Burnett fu il primo pubblicitario a sovvertire la regola dell’epoca che voleva gli annunci pubblicitari pieni di testo. Riteneva che il prodotto dovesse raccontare se stesso aiutato da una buona grafica e un testo convincente. Secondo Leo la forza comunicativa di un’immagine era molto più persuasiva di una narrazione laboriosa. L’immagine arriva direttamente agli istinti primitivi dei consumatori.
Ma non è l’unica regola infranta da Burnett. Ad esempio, negli anni quaranta era considerato un tabù rappresentare visivamente la carne rossa cruda in pubblicità. Lui lo fece, mostrandola su un fondo ancora più rosso.
Uno degli annunci più belli scritti da Leo Burnett fu per la sua agenzia. Un annuncio tutto copy che è un vero e proprio manifesto deontologico. Oggi può sembrare un po’ anacronistico ma i principi su cui si fonda sono senza tempo. Molti di voi probabilmente lo avranno già letto, altri forse no. Voglio proporvelo qui di seguito come riflessione, ringraziando colui che per primo me lo ha fatto conoscere e apprezzare…
[/vc_column_text][vc_column_text]
[/vc_column_text][vc_empty_space height=”20″][vc_column_text disable_pattern=”true” align=”left” margin_bottom=”0″]
“Un giorno o l’altro, quando sarò finalmente fuori dal gioco, voi – o i vostri successori – sarete forse tentati di togliere il mio nome dalla porta.
Magari vorrete chiamarvi “Tizio, Caio e Sempronio S.p.A” o “Agenzia Futura”, o qualcosa del genere. Mi starà bene, se starà bene anche a voi. Però lasciatemi dire quando sarò io a voler togliere il mio nome dalla porta.
Sarà quando spenderete più tempo a far quattrini e meno a fare la pubblicità. La pubblicità come la intendiamo noi.
Quando dimenticherete che, per il tipo di gente che lavora nella nostra agenzia, il divertimento che il lavoro pubblicitario dà è importante almeno quanto il denaro che se ne ricava.
Quando perderete la sensazione che quello che fate non è mai abbastanza buono.
Quando perderete l’invincibile desiderio di fare il lavoro bene per se stesso, senza riguardi per il cliente, per i soldi o per la fatica.
Quando perderete l’amore per la completezza e l’avversione per le perdite di tempo.
Quando smetterete di ricercare lo stile, le sottolineature, la fusione di parole ed immagini che producono risultati freschi, memorabili e credibili.
Quando smetterete di dedicarvi ogni giorno all’idea che “Leo Burnett” significa “pubblicità migliore”.
Quando non sarete più quello che Thoreau chiamava “un’azienda con una coscienza”, che per me significa solo un gruppo di uomini e donne coscienti di quel che fanno.
Quando comincerete a compromettere la vostra integrità, che è sempre stata il cuore e la forza di quest’agenzia.
Quando vi fermerete davanti ai vantaggi immediati e razionalizzerete l’opportunismo per amore dei soldi.
Quando mostrerete anche i più piccoli segni di asprezza, di incompetenza, di saccenteria perdendo quel sottile senso delle proporzioni.
Quando il vostro interesse principale sarà di porre come unità di misura della vostra opera la quantità invece che il buon lavoro, il lavoro duro che dà buoni risultati.
Quando le vostre prospettive si ridurranno a contare i simboli del successo nel vostro ufficio.
Quando perderete la vostra modestia e diventerete dei “pezzi grossi”… un po’ troppo grossi per le vostre scarpe.
Quando la mela rimarrà solo un frutto da mangiare (o da lustrare) anziché essere parte del nostro stile, della nostra personalità.
Quando, trovando da ridire su qualcosa, tirerete in ballo non il lavoro in sé ma la persona che lo avrà fatto.
Quando smetterete di costruire su idee forti e vitali e vi accontenterete di una catena di montaggio.
Quando comincerete a credere che, nell’interesse dell’efficienza, lo spirito creativo possa essere delegato e amministrato, dimenticando che deve essere invece solamente nutrito, stimolato ed ispirato.
Quando comincerete a sciacquarvi la bocca con la frase “Agenzia Creativa” e smetterete di esserlo davvero.
Quando, infine, perderete il rispetto per l’individuo: l’uomo solo alla sua macchina da scrivere, o al suo tavolo da disegno, o dietro la sua macchina da presa, o semplicemente immerso nelle scartoffie a lavorare tutta la notte su una pianificazione media.
Quando dimenticherete che solo l’individuo – e ne sia ringraziato Dio! – ha reso possibile la costruzione dell’agenzia che abbiamo adesso.
Quando dimenticherete che è sempre stato l’individuo, tendendo la mano verso mete irraggiungibili, a toccare per un momento una di quelle calde, lontanissime stelle.
Allora, amici, vi chiederò di togliere il mio nome dalla porta. E, perbacco, quel nome sarà tolto. Anche se dovessi materializzarmi abbastanza a lungo, una notte, per cancellarlo da ogni piano del palazzo. E, prima di smaterializzarmi di nuovo, cancellerò anche quel simbolo con la mano e le stelle. E brucerò gli archivi e gli schedari. Magari, en passant, strapperò qualche annuncio. E butterò ogni stramaledettissima mela giù per la tromba delle scale. E la mattina dopo non riconoscerete più neanche il posto. Allora dovrete trovarvelo per forza, un altro nome.”
Tratto da “Questo libro non ha titolo perchè è scritto da un art director” di Lorenzo Marini
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
0 commenti